È di questi giorni alla ribalta delle cronache il caso del giovane adolescente che ha commissionato l’omicidio dei genitori. Mille euro la cifra offerta all’amico per compiere il delitto. È ormai noto a tutti che l’uomo e la donna sono stati sorpresi nel sonno e uccisi brutalmente a colpi d’ascia mentre invocavano proprio l’aiuto del loro stesso figlio.

Ma cosa può spingere un adolescente ad arrivare a tanto?

Dalle ricostruzioni sembra che in famiglia ci fosse un conflitto aperto che originava dal cattivo rendimento scolastico del ragazzo. È plausibile che la scuola possa assumere significati così profondi da portare a esiti tanto tragici? È evidente che sarebbe banale ridurre l’analisi a questo. La risposta è molto complessa ed è difficile dare spiegazioni che inevitabilmente sarebbero superficiali e basate su generalizzazioni che in ambito psicologico sono sempre poco auspicabili. Però questo terribile fatto di cronaca ci offre l’opportunità di fare una riflessione sui significati che la scuola assume nello sviluppo dell’adolescente e nella dinamica familiare. Nel mio studio arrivano a consultazione ogni giorno situazioni in cui il rendimento scolastico dei figli apre la strada ad un conflitto a volte molto acceso.

Precisiamo che il conflitto con i genitori e il mondo degli adulti non solo è sano, ma anche auspicabile, perché è proprio attraverso di esso che l’adolescente riesce ad emanciparsi dall’autorità genitoriale e a strutturare una personalità autonoma. Quando però supera un livello di soglia può portare ad esiti problematici.

L’emancipazione dalle figure genitoriali è generalmente carica di una grossa ambivalenza dove all’amore per loro si mescola l’odio necessario per allontarsene. Il ragazzo mette in discussione regole e principi cerca di smantellare pezzo dopo pezzo la credibilità del genitore, facendo emergere quella rabbia che gli è necessaria per odiarlo e quindi per allontanarsi simbolicamente da lui. Il genitore deve saper far fronte a questa aggressività, consentendo al figlio di riconoscerla e di accettarla come spinta dinamica e innovatrice e non come distruttiva.

Cosa significa saper far fronte a questa aggressività? Significa non farsi spaventare dalle loro provocazioni, accettare il loro odio e rimanere solidi di fronte alle regole, ai paletti, a principi e valori trasmessi. Se l’adolescente non percepisce sicurezza, coerenza e autorevolezza nel genitore, sentirà che nessuno è in grado di contenere la sua rabbia e tantomeno il vortice di emozioni contrastanti nel quale è immerso. La gestione delle emozioni e la rabbia vanno completamente fuori controllo.

La scuola in questa dinamica può assumere diversi significati. Può offrire il terreno di scontro nella dinamica conflittuale, trascinando l’adolescente con l’intera famiglia in un circolo vizioso estremamente autolesionistico, dove scarso impegno e risultati negativi hanno come obiettivo inconscio quello di punire i genitori.

Laddove la scelta dell’istituto superiore è presa dai genitori o quantomeno poco condivisa con lui, l’adolescente può viverla come una risposta alle loro aspettative più che un mezzo per la realizzazione personale. Ma, soprattutto, per l’adolescente la scuola costituisce un importante banco di prova per lo sviluppo dell’immagine che ha di sé e quindi per lo sviluppo della sua personalità.

L’adolescenza è caratterizzata dalla crisi d’identità tipica del ragazzo che non è più bambino, ma non è ancora adulto ed è quindi totalmente assorbito dal tentativo di capire chi è e di integrare la sua immagine bambina con i suoi ideali adulti. In tutto questo giocano un ruolo fondamentale i giudizi che egli ha sulle proprie capacità di fronteggiare le situazioni di vita quotidiana. La scuola diventa quindi per lui di fondamentale importanza: egli si misura continuamente con nuove richieste e deve saper mettere in gioco tutte le sue abilità. È nella scuola che testa il suo sviluppo cognitivo, la capacità di organizzarsi autonomamente e di gestirsi il tempo e gli impegni.

Ecco perché la scuola, se da una parte gioca un ruolo centrale nel supporto al processo di crescita dell’adolescente, dall’altra può diventare una terribile fonte di scacco narcisistico che rimanda continuamente un’immagine fallimentare di se stesso. Ciò rischia di portare il ragazzo ad un graduale disinvestimento nello studio che non farà che alimentare le probabilità di insuccesso e indurre un progressivo ulteriore abbassamento dell’autostima, trascinandolo in una pericolosa china discendente.

Nel caso in questione, ecco che l’uccisione dei genitori potrebbe rappresentare quindi la rottura di quello specchio che lo metteva continuamente di fronte al suo fallimento, alla sua incapacità a crescere e ad ottenere risultati che il mondo degli adulti si aspettava da lui. Mors tua, vita mea.

Ovviamente non possiamo dire che questo sia motivo sufficiente e valido per spiegare un gesto di così efferata crudeltà, che si è innestato sicuramente su un terreno di fragilità, ma sicuramente la scuola ha contribuito ad esacerbare quel conflitto che ha superato le dimensioni sane e auspicabili.

La difficoltà scolastica non va mai sottovalutata. È un fenomeno che va analizzato attentamente: è necessario capire quali forme prende, quali ne sono le cause e che significati assume nella crescita di un ragazzo. Le soluzioni da adottare sono diverse da caso a caso e l’aiuto di un esperto vi potrà aiutare a capire quale direzione prendere ma ciò che va comunque evitato è l’umiliazione per la cattiva riuscita a scuola. I suoi voti non devono diventare la sua identità.

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