Enigmatica, fonte di ansia, insidiosa, infinita, tradizionale, maledettamente tradizionale: è la versione che costituisce la seconda prova dell’Esame di Stato all’indirizzo classico. Nel corso dei decenni tale prova si è vista affibbiare dagli studenti tutti i possibili appellativi, generalmente poco lusinghieri, ed è spesso oggetto di discussione da parte degli stessi docenti, che talvolta dubitano della sua efficacia in termini di valutazione delle tanto attualmente conclamate competenze scolastiche. Eppure, perdura come porta d’accesso al diploma.

Cerchiamo dunque di analizzarla nel dettaglio e, se possibile, di esorcizzare le paure che più o meno inconsciamente essa determina. Si tratta di un brano di testo in lingua latina da vertere, cioè rendere nella lingua d’arrivo, in italiano.

Ragionate, maturandi: sono cinque anni che svolgete verifiche scritte di latino strutturate sul modello dell’esame di stato: è una versione in classe, nessuna novità, ma un sistema di competenze che avete imparato ad allenare, con studio e fatica, certamente, ma che consente una certa prevedibilità. Da questo punto di vista il confronto con la seconda prova dell’indirizzo scientifico è lampante: puntualmente il compito di matematica è diverso rispetto a quello dell’anno precedente, gli esercizi – stando alle testimonianze dei colleghi – sono difficilmente anticipabili, il margine di sorpresa è dunque notevolmente superiore rispetto alla canonica versione di maturità, con conseguente difficoltà, da parte dei più esperti docenti, ad individuare quelle competenze che devono essere potenziate a scuola per affrontare serenamente l’esame.

Ammettiamo pure che il latino sia il punto debole di molti studenti. Che fare? Chiedete aiuto al professore, fatevi assegnare una lista di versioni da tradurre, suddivise per autori, e allenatevi, costantemente, giorno dopo giorno. Sbattete la testa sulla versione, non temete di passare le ore a tradurre: acquisirete velocità nell’uso del dizionario e nel passaggio dalla lingua d’origine all’italiano; senza contare che imparerete a riconoscere i costrutti morfosintattici e stilistici caratteristici dei vari autori. Rivedete inoltre tutti i testi d’autore tradotti in classe durante l’ultimo anno scolastico, non sia mai che la sorte sia benigna e che il brano della versione sia già noto (1 su 10.000, ma è accaduto). Un rimedio indolore che non comporti fatica e dedizione? Spiacente, non esiste. Certo che esiste! ribatterà qualcuno.

D’accordo, la coscienza è un fattore personale e relativo. Ma cinque anni di scuola non lo sono, non lo sono le ore di studio – spontaneo o imposto – che hai impiegato per andare alla classe successiva anno dopo anno, non lo è l’appoggio dei tuoi genitori e degli eventuali insegnanti che ti hanno seguito e aiutato con le ripetizioni. E ora, per paura, vuoi dire che tutto questo non è servito? Caro maturando, credo che un po’ di orgoglio tu l’abbia e che tu sia disposto a metterti in gioco per l’ultima – non dimenticarlo – versione della tua vita.

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